Sindrome di Kabuki: cos’è e come si manifesta

La sindrome di Kabuki è una malattia congenita rara, l’incidenza stimata è di 1:32.000 nati. Caratterizzata da lieve ritardo nello sviluppo, difficoltà di crescita e determinate facies facciali: vediamo di cosa si tratta.

SINDROME DI KABUKI: COS’È E COME SI MANIFESTA

La sindrome di Kabuki è una malattia congenita caratterizzata da malformazioni multiple e da ritardo mentale. È stata descritta per la prima volta nel 1981 da Niikawa e Kuroki e il nome deriva dalle caratteristiche del volto dei pazienti affetti che ricordano il trucco utilizzato nel teatro tradizionale Kabuki. I pazienti affetti da sindrome di Kabuki presentano infatti determinate caratteristiche craniofacciali (facies):

  • Particolare conformazione degli occhi;
  • Sopracciglia spettinate nella parete laterale;
  • Rime palpebrali allungate;
  • Eversione della palpebra inferiore, ovvero la rotazione verso l’esterno del bordo della palpebra inferiore;
  • Naso piatto;
  • Eversione del labbro inferiore;
  • Padiglioni auricolari ampi ed estroversi.

Frequenti sono inoltre le cardiopatie congenite, malformazioni dell’apparato urinario, anomalie dello scheletro e difficoltà di crescita in peso e/o statura dovute a problemi di alimentazione durante il periodo prenatale e alla nascita. In alcuni pazienti possono presentarsi anche casi di epilessia.

SINDROME DI KABUKI: LE CAUSE

La sindrome di Kabuki è causata da mutazioni a carico di due geni: il KMT2D e il KDM6A, entrambi contengono le informazioni necessarie per la sintesi di enzimi in grado di controllare l’attività di geni implicati nello sviluppo dell’organismo. Se la mutazione interessa il gene KMT2D (50-80% dei casi), si parla di sindrome di Kabuki di tipo I, altrimenti, se coinvolge il gene KDM6A (2-6%), sindrome di Kabuki di tipo II. Nella maggioranza dei soggetti con sindrome di Kabuki la mutazione non è di tipo ereditario ma è una mutazione de novo, il che significa che è avvenuta durante la formazione della cellula uovo.

SINDROME DI KABUKI: COME SI FORMULA LA DIAGNOSI

La sindrome di Kabuki viene diagnostica dapprima mediante esame clinico: segni preponderanti sono le anomalie cranio-facciali, ritardo della crescita postnatale, persistenza dei cuscinetti fetali sui polpastrelli delle dita delle mani e dei piedi, deficit cognitivo. La diagnosi viene confermata tramite test molecolare che individua la presenza di mutazioni dei geni KMT2D, KDM6A e altri 3 geni implicati in piccola percentuale.

SINDROME DI KABUKI: È POSSIBILE CURARLA?

La sindrome di Kabuki è una condizione costituzionale per la quale non esiste alcun trattamento medico-chirurgico risolutivo, ogni tipo di approccio è quindi sintomatico. I pazienti con sindrome Kabuki devono essere costantemente monitorati dal punto di vista dello sviluppo psicomotorio, con sedute di psicomotricità e fisioterapia per migliorare il ritardo di sviluppo psicomotorio e devono seguire interventi specifici con un neuropsichiatra infantile e un logopedista, per il ritardo del linguaggio.

Il follow-up dei pazienti è molto importante: i bambini affetti da sindrome di Kabuki devono essere seguiti, anche in età adulta, da numerosi specialisti, come il cardiologo, l’urologo, il chirurgo maxillo-facciale, l’otorino e il pediatra.

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