Il bambino sogna nella pancia della mamma?

La domanda incuriosisce da sempre genitori, futuri genitori e studiosi: un bambino sogna già durante la gravidanza? Oppure i sogni sono un’esperienza che inizia solo dopo la nascita, quando il cervello comincia a confrontarsi con il mondo esterno?

Le neuroscienze e la psicologia prenatale offrono oggi risposte affascinanti.

Il sonno fetale

Durante la vita intrauterina, il feto trascorre la maggior parte del tempo dormendo: tra le 16 e le 20 ore al giorno. Studi condotti con strumenti come l’ecografia 4D e la risonanza magnetica hanno mostrato che il sonno del bambino non è uniforme, ma si alterna tra fasi calme e fasi attive, molto simili al sonno REM degli adulti, quello in cui sogniamo.

Già a partire dalla 28ª settimana di gestazione, i medici osservano movimenti oculari rapidi e attività cerebrale che ricordano quella dei sogni. Questo porta a ipotizzare che, sì, il feto possa avere una forma primitiva di sogno.

Ma cosa sogna un bambino non ancora nato?

Qui si entra nel campo delle ipotesi. Non potendo raccontarci i propri sogni, gli scienziati cercano indizi. Secondo alcuni studiosi, come David Foulkes, uno dei pionieri della ricerca sul sogno, i sogni nei primi anni di vita sono prevalentemente immagini e sensazioni, non ancora storie complesse. Lo stesso potrebbe valere nel grembo materno: il bambino non “immagina” scene articolate, ma rielabora stimoli semplici.

Il feto infatti è già immerso in un mondo di percezioni: sente la voce della madre, i battiti del suo cuore, i rumori esterni, la luce che filtra attraverso la pancia, e perfino i sapori del liquido amniotico. Non è quindi azzardato pensare che i primi “sogni” possano essere tracce di suoni, vibrazioni, sensazioni tattili e gustative.

I sogni come palestra del cervello

Un’altra teoria, sostenuta da neurobiologi come Michel Jouvet, è che i sogni abbiano soprattutto una funzione biologica: servono al cervello per svilupparsi e consolidare le connessioni nervose. In questa prospettiva, il sogno prenatale non sarebbe una narrazione, ma un “allenamento” del sistema nervoso.

Per esempio, durante il sonno REM fetale i muscoli si muovono, il viso compie smorfie, le mani si aprono e chiudono. Sono esercizi inconsapevoli che preparano il neonato alla vita fuori dal grembo.

Un ponte con la mamma

Alcuni studiosi di psicologia prenatale, come Thomas Verny, suggeriscono anche una lettura più poetica: i sogni del feto sono un modo per creare un legame con la madre e con il mondo esterno. La voce materna, la musica, le emozioni vissute dalla donna incinta potrebbero “colorare” l’universo interiore del bambino. Non a caso, molti neonati riconoscono subito dopo la nascita canzoni o voci ascoltate in gravidanza, segno che queste esperienze hanno lasciato un’impronta profonda.

Allora, il bambino sogna nella pancia della mamma?
La scienza non può ancora dirlo con certezza assoluta, ma gli indizi sono numerosi: il sonno REM, l’attività cerebrale, i movimenti corporei suggeriscono che esista una forma di sogno già prima della nascita. Forse non sogni come li intendiamo noi adulti, ma immagini, sensazioni e ricordi primitivi che preparano il neonato alla vita.

In fondo, è bello pensare che i primi sogni dell’essere umano inizino non appena la vita stessa comincia, cullati dal battito del cuore della mamma.

 

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